Le PIANTE TINTORIE del MONTE PISANO
L’arte della tintura naturale dei tessuti è radicata nella nostra società sin da tempi molto antichi, ma con la scoperta dei coloranti sintetici, più economici e più stabili, le conoscenze legate a quest’arte sono andate piano piano a perdersi. Tuttavia, negli ultimi anni sta tornando l’interesse verso le piante tintorie e le loro molecole coloranti, in quanto i pigmenti di origine vegetale sono assolutamente atossici, non inquinanti e alcuni sono dotati anche di proprietà funzionali che possono essere conferite alle stoffe.
In questa sezione sono presentate, divise per colorazione, le piante con proprietà tintorie del Monte Pisano.
IL ROSSO
La fonte vegetale più antica utilizzata per colorare di rosso è la robbia domestica (Rubia tinctorum) specie di origine asiatica appartenente alla famiglia delle Rubiaceae. All’interno di questa famiglia vi sono varie piante con proprietà tintorie e il nome stesso deriva dal latino ruber che significa proprio rosso, in riferimento a tali proprietà. Le proprietà tintorie provengono dalla radice in cui sono contenuti composti coloranti a struttura antrachinonica, l’alizarina e la pseudopurpurina, che hanno la capacità di conferire alle fibre una colorazione rosso mattone. La robbia domestica, largamente coltivata in Francia e in Italia, è storicamente considerata dai tintori la migliore fonte di colorante rosso, oltre che per le proprietà tintorie anche per la facilità della coltivazione e per la sua maggior economicità rispetto alla porpora ottenuta da molluschi sempre più difficilmente reperibili e costosi.
Nei boschi del Monte Pisano è molto comune la robbia selvatica (Rubia peregrina), specie diffusa in tutta l’area mediterranea e negli arcipelaghi dell’Oceano Atlantico nordorientale (Macaronesia) con le stesse proprietà tintorie della robbia domestica. Nelle garighe del Monte Pisano è molto comune anche un’altra rubiacea, il caglio zolfino (Galium verum), le cui radici contengono, oltre ai composti precedentemente citati, anche la xantopurpurina, che conferisce ai tessuti una colorazione rosso scarlatto. Nel caglio zolfino anche i fiori hanno proprietà tintorie e venivano utilizzati dai pastori, oltre che per cagliare il latte, come colorante alimentare giallo per tingere le scamorze. Il rosso può essere ottenuto anche dalle radici della romice acetosa (Rumex acetosa) e dai petali del papavero (Papaver rhoeas), due specie ampiamente diffuse sul Monte Pisano. Altre specie presenti sul Monte Pisano, invece, conferiscono tonalità più chiare: dai rametti e dai fiori del brugo (Calluna vulgaris) si ottiene una colorazione rosa, dalle foglie e dai frutti del laurotino (Viburnum tinus) una colorazione tra il rosa e l’arancione e dalle foglie e dai giovani steli del rovo (Rubus fruticosus) una colorazione arancione. Infine, anche l’erba di San Giovanni (Hypericum perforatum), comunissima sul Monte Pisano e famosa per le sue proprietà officinali, ha proprietà tintorie e dà una colorazione che varia dal rosso scuro al marrone.
Il GIALLO
Esistono vari tipi di molecole che possono conferire il colore giallo ed esse sono presenti in un gran numero di piante, rendendo questo colore il più diffuso nella tintura delle stoffe. Molte di queste specie sono in grado di fornire colorazioni intense e resistenti, per questo hanno avuto storicamente una larga diffusione. Il colorante giallo veniva estratto principalmente dall’erba guada (Reseda luteola), dalla curcuma (Curcuma longa), dallo zafferano (Crocus sativus), dalla quercia dei tintori (Quercus tinctoria), dalla ginestra dei tintori (Genista tinctoria) e dal sommacco (Cotinus coggygria).
L’erba guada e la ginestra dei tintori si trovano anche sul Monte Pisano. Inoltre, il giallo può essere ottenuto da molte altre piante presenti sul Monte Pisano: dalle sommità fiorite dell’achillea (Achillea millefolium); dai fiori della calendula (Calendula arvensis) e della camomilla dei tintori (Cota tinctoria); dalle foglie del corbezzolo (Arbutus unedo), del fico (Ficus carica) e del lentisco (Pistacia lentiscus) e dai frutti immaturi dell’alaterno (Rhamnus alaternus), chiamati Grani d’Avignone. Infine, dalla ruta (Ruta graveolens), dalla Verga d’oro (Solidago virgaurea) e dal verbasco sinuoso (Verbascum sinuatum) si ottengono colorazioni che variano dal giallo al verde.
IL MARRONE
La fonte vegetale più comune per ottenere il colorante marrone è il noce (Juglans regia), albero originario dell’Asia, coltivato fin dall’antichità in tutta Europa e ormai ampiamente naturalizzato in varie zone; sul Monte Pisano se ne trovano vari esemplari coltivati sia nei giardini sia nelle campagne. Il colorante presente nel noce è il juglone, un composto allelopatico responsabile sia delle proprietà tintorie sia delle ben note proprietà repellenti di questa pianta. I malli sono particolarmente ricchi di juglone, ma questa sostanza è presente anche nelle foglie e nella corteccia.
Il marrone può essere ottenuto da molte altre piante presenti sul Monte Pisano: dai giovani rami dell’ontano comune (Alnus glutinosa); dalle bucce dei frutti, dai ricci, dalle foglie e dalle galle* di castagno (Castanea sativa); dai rametti fioriti e dalle foglie dell’erica arborea (Erica arborea); dai fiori, dalle foglie e dai fusti della salcerella (Lythrum salicaria); dai frutti del mirto (Myrtus communis); dalla corteccia del leccio (Quercus ilex) e dalle galle* delle querce (Quercus spp.).
Altre specie presenti sul Monte Pisano, invece, conferiscono tonalità più chiare: dalle foglie, dai fiori e dai fusti della chelidonia (Chelidonia majus), del cisto rosso (Cistus creticus) e della canapa acquatica (Eupatoria cannabinum) si ottengono colorazioni dal marrone chiaro al beige; dai fiori, dai frutti, dalle foglie e dai fusti della capraggine (Galega officinalis) si ottengono colorazioni che variano dal marrone all’arancione.
*Le galle sono delle iperproliferazioni di cellule vegetali di forma tondeggiante provocate dalla puntura e deposizione delle uova da parte di insetti, generalmente cinipidi; i tannini contenuti al loro interno venivano utilizzati in passato per la tintura delle stoffe e per la produzione dell’inchiostro ferrogallico, l’inchiostro per eccellenza utilizzato prima dell’avvento della stampa.
IL BLU
Il colore naturale blu si ottiene soprattutto dall’indaco (indigotina), già noto in Asia 4.000 anni fa e il suo nome deriva infatti dall’India, che ne era il principale produttore. Viene ottenuto da numerose specie vegetali, diversificate tra loro sia per caratteristiche botaniche, che per areale di origine. Tra le specie storicamente più importanti possiamo citare il guado (Isatis tinctoria), coltivato in Europa fino al XVII secolo; la persicaria dei tintori (Persicaria tinctoria), utilizzata per millenni soprattutto in Cina e Giappone, e alcune specie di indigofera (genere Indigofera) coltivate in Africa, India e parte dell’Asia. La persicaria dei tintori e le indigofere hanno gradualmente sostituito in Europa l’indaco da guado. Oggi l’indaco naturale viene ancora usato in molte parti del mondo nell’artigianato locale. In molte regioni del nord e centro Africa, è uno dei simboli di prestigio più ricercati, ed è usato, per esempio, dai Tuareg, un popolo che vive nel Sahara occidentale, i cui membri sono detti “uomini blu” in quanto i maschi adulti indossano un lungo velo tinto di indaco con cui coprire il capo, il naso e la bocca, sia come protezione dai venti del deserto e dal caldo, sia come protezione dal male e come segno di riconoscimento. L’indaco, oltre che per la tintura delle stoffe, viene molto utilizzato anche in altri settori, come quello alimentare, farmaceutico, cosmetico, artistico. In Italia, soprattutto a Sansepolcro in Toscana, la coltivazione del guado (Isatis tinctoria) e il suo utilizzo nell’industria tintoria, ha rappresentato una delle principali fonti di reddito per l’economia dello Stato; per questo motivo ancora oggi possiamo ritrovare la specie in due areali ben distinti: la zona delle Alpi Occidentali (dalla Valle d’Aosta fino alla Liguria) e la zona centro-meridionale (Toscana, Umbria, Abruzzo, Sicilia e Sardegna).
Sul Monte Pisano non è presente il guado, ma è possibile comunque ottenere colorazioni che vanno dall’azzurro al viola, utilizzando i galbuli carnosi del ginepro comune (Juniperus communis), i frutti del sambuco (Sambucus nigra), del rovo (Rubus fruticosus), del mirtillo (Vaccinium myrtillus) e della fitolacca (Phytolacca americana), una specie alloctona invasiva.
IL VERDE
I coloranti naturali verdi stabili sono stati da sempre ottenuti principalmente per sovrapposizione dei colori giallo e blu; ad esempio il verde Lincoln veniva prodotti tingendo con la ginestra dei tintori (Genista tinctoria) una stoffa precedentemente colorata di blu con il guado (Isatis tinctoria). Questo verde ha assunto una certa fama nei secoli poiché, secondo la leggenda, era il colore della casacca indossata da Robin Hood e la sua banda.
I coloranti verdi, però, si possono ottenere anche direttamente da piante con determinate proprietà tintorie, tra cui il citiso scopario (Cytisus scoparius) e il citiso villoso (Cytisus villosus) due leguminose (famiglia Fabaceae) dalla bella fioritura gialla, molto comuni in tutti gli ambienti di macchia del Monte Pisano. Le foglie e i giovani rami dei citisi contengono composti fenolici, tra cui i flavonoidi epigenina e crisina, che conferiscono una colorazione che va dal verde chiaro al verde scuro sulla lana. Anche i fiori hanno proprietà tintorie, da cui si ottengono colorazioni più chiare e più vicine al giallo. Recentemente è stato scoperto, che i pigmenti coloranti contenuti nel citiso scopario possono essere utilizzati per migliorare l’assorbimento dei raggi UV dei tessuti funzionali (Karabulut, K. & Atav, R., 2020).
Il verde può essere ottenuto anche da altre piante presenti sul Monte Pisano quali la bardana minore (Arctium minus), l’edera (Hedera helix), l’agrifoglio (Ilex aquifolium), la lavanda selvatica (Lavandula stoechas) e le ortiche (genere Urtica).
Per approfondire l’argomento scaricate: LE PIANTE TINTORIE DEL MONTE PISANO report realizzato nell’ambito di un tirocinio che si è svolto negli spazi verdi del Museo per il corso di laurea magistrale “Produzioni Agroalimentari e Gestione degli Agroecosistemi”.