Benvenuti Arapaima!

 

No, questa volta non vi parleremo di un esemplare naturalizzato o dello scheletro di cetaceo sfortunatamente deceduto su spiagge poco lontane, e nemmeno di qualche mirabilia dal passato misterioso da inserire nelle vetrine della Wunderkammer.

Dopo una lunga attesa sono giunti al Museo, diretti alle vasche dell’acquario, degli esemplari di Arapaima (Arapaima gigas), fossili viventi che presentano caratteristiche morfo-anatomiche e strutturali considerate “primitive”.

L’Arapaima, noto in Brasile con il termine “pirarucu” – pesce rosso, in lingua Tupi –  chiamato in Perù “paiche”, è una delle più grandi specie di pesci d’acqua dolce al mondo.

L’Arapaima,  appartenente alla famiglia degli Arapaimidae, la stessa dell’Arowana africana (Heterotis niloticus presente non casualmente nella vasca accanto) dell’ordine degli Osteoglossiformi (osteon-ossa + glossa-lingua), è un pesce carnivoro diffuso soprattutto nei corsi d’acqua del bacino del Rio delle Amazzoni fra Brasile, Perù e Guyana. Noto per le sue notevoli dimensioni, può infatti raggiungere i 3 metri di lunghezza e i 200 chili di peso in natura, mentre in cattività – in una vasca adatta a contenere il suo sviluppo – si ferma solitamente ai 2 metri.

E’ caratterizzato da un corpo largo con squame di color nero-grigio, la coda rossa e la testa affusolata. L’Arapaima è capace di respirare ossigeno atmosferico: questo è reso possibile grazie alla presenza di  un’evoluta vescica natatoria posizionata all’interno della bocca, che agisce di fatto come un polmone. Questa caratteristica anatomica gli permette di poter facilmente sopravvivere in aree con poca acqua e vegetazione in decomposizione quando, ad esempio, i fiumi dove vive straripano disperdendo le proprie acque per chilometri.

L’Arapaima si nutre principalmente di altri pesci ma la sua dieta può includere anche frutta, semi, insetti e uccelli che cattura sulla superficie dell’acqua. La sua tecnica di caccia sfrutta l’ampia bocca che aprendosi crea un vuoto attirando e risucchiando la preda. La lingua, ossuta o dentata, tratto distintivo della specie da cui prende nome il proprio ordine – Osteoglossiformi –  insieme ai denti posizionati sul palato permettono di ridurre a brandelli il malcapitato di turno.

Durante la stagione secca, fra febbraio e marzo, depone migliaia di uova in nidi scavati nella sabbia con le pinne. Le uova si schiudono solitamente durante la stagione delle piogge (ottobre/novembre); anche i maschi di Arapaima partecipano attivamente al processo di riproduzione proteggendo gli avannotti all’interno della bocca piatta e spostando il nido in caso di possibile minaccia. La maturità sessuale viene raggiunta intorno ai 4-5 anni, mentre l’aspettativa di vita si aggira intorno ai 20 anni.

Data l’estrema facilità di individuazione dovuta alla vicinanza con la superficie, l’Arapaima, che in natura si trova in cima alla catena alimentare, è cacciata intensamente dall’uomo sia per le sue carni saporite, sia per la costruzione di manufatti  e utensili con le squame o la lingua.

Gli esemplari arrivati in Museo sono di dimensione ridotta, circa 5/6 cm: dei “giovanotti” che speriamo si ambientino bene e possano crescere nelle vasche dell’acquario.

Venite a scoprirli!

 

G.C.

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