Dall’alba al tramonto
Il mondo non morirà per mancanza di meraviglie, ma per mancanza di meraviglia.
Gilbert Keith Chesterton
Alla fine di una strada di campagna, attorniata da olivi e macchia mediterranea, appare la Certosa. Oltre il vecchio e grande portone di legno, il cancello in ferro lascia vedere la facciata della chiesa in marmo bianco e il prato verde del cortile d’onore.
Il sole spunta dietro i monti e la sua luce illumina piano piano tutta la valle.
Quando arriva nel cortile e illumina il carnotauro è l’ora: il Museo apre le sue porte ai visitatori in cerca di natura, scienza, arte, cultura. E di un’atmosfera tranquilla e accogliente, come un monastero e un museo insieme sanno dare.
I visitatori, tornati dopo il periodo di chiusura, osservano attenti i reperti, gli oggetti, i mobili, quasi trasformando il museo in un luogo pieno di “storie” e anche di ricordi e di speranze: è la meraviglia che si manifesta. E’ il museo che diventa sempre più di tutti.
C’è chi, guardando la giraffa dal basso verso l’alto, si misura con la sua altezza, chi osserva i rami di un vecchio albero sbirciando nel giardino, chi si ferma immobile davanti ai dettagli di una chiocciola o ai colori di un uccello, chi rimane incantato dalla maestosità delle balene e dagli spazi immensi in cui sono inserite.
Al tramonto, la luce che si riflette sulle pareti crea un’atmosfera ovattata.
Come fa con le collezioni, il Museo ormai silenzioso raccoglie e conserva le storie di chi è passato, arricchendo così la sua storia.
Nella penombra, i passi di chi chiude le sale si susseguono ogni sera come un rituale, forse salutando gli animali esposti che aspettano il riposo della notte e l’arrivo del nuovo giorno con nuovi visitatori dagli occhi curiosi.
S.B.
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