Echi dal passato
Sono 4409 i file digitali ad alta risoluzione, ottenuti dalle scansioni di una serie di schede d’archivio appartenenti alla collezione storica del Museo. Le schede, databili alla seconda metà del XIX secolo, costituiscono un’importante memoria storica del lavoro dei conservatori dell’epoca. La Sezione di Zoologia degli Invertebrati del Museo ha svolto un lavoro durato alcuni mesi che ha portato al recupero e alla digitalizzazione di tali schede come primo passo per il recupero e la catalogazione degli esemplari tuttora presenti nella collezione.
Sono state rinvenute schede di diversi gruppi di invertebrati. Fra i principali la classe degli Insetti con parecchi ordini quali: Coleotteri, Lepidotteri, Imenotteri, Emitteri, Ditteri, Ortotteri e Neurotteri. Da notare la presenza di centinaia di schede di insetti, classificati come “utili” e “dannosi” e per questi ultimi è sempre presente il nome della specie botanica colpita dall’animale. Questa grossolana classificazione, che oggi fa sorridere gli esperti entomologi, era piuttosto diffusa, tanto da essere riportata sui libri scolastici sui quali i nostri nonni hanno studiato le scienze naturali.
Fra gli Aracnidi sono state rinvenute schede di Ragni, Opilioni, Acari, Scorpioni e Pseudoscorpioni. Alcune centinaia di schede riguardano i Crostacei. Fra questi, sono degne di nota le specie di Copepodi, quasi tutti ectoparassiti di pesci, descritte come nuove specie nella decade precedente il 1880 da Sebastiano Richiardi che succedette a Paolo Savi nella direzione del Museo dal 1871 al 1904. Sempre fra gli Artropodi non mancano i Miriapodi con Chilopodi e Diplopodi.
Altri gruppi citati in questo antico archivio sono Briozoi, Molluschi e Nematodi parassiti. Questi ultimi, insieme ad un’altra categoria, quella dei “vermi parassiti”, costituiscono una collezione di animali conservati in Museo in seguito a rinvenimenti nel corpo di mammiferi parassitati. Possiamo immaginare che fra i veterinari dell’epoca ci fosse l’abitudine di portare questi reperti al Museo perché potessero essere conservati per i vari studi scientifici.
Dal lavoro svolto è emerso, come era facile aspettarsi, che si tratta per lo più di una nomenclatura tassonomica non più in uso e parecchie di queste specie sono oggi in sinonimia. Ciò significa che le specie a suo tempo descritte con un dato nome possono oggi aver cambiato nome oppure essere state assegnate ad un genere diverso; capita anche, a volte, che gli scienziati descrivano una nuova specie per poi scoprire che, in realtà, era già stata descritta precedentemente da qualcun altro: casi come questi vengono appunto chiamati “sinonimie” ed il nome più “antico” viene usato per indicare la specie.
In ogni caso resta viva la testimonianza di una consistente attività di ricerca tassonomica del Museo dell’epoca. Parecchi reperti sono inoltre geograficamente riconducibili ad aree del globo poco esplorate all’epoca come le grandi isole del Sud-Est asiatico. Non mancano comunque le specie tipiche del Monte Pisano e tali dati sono utili oggi per una maggiore comprensione della distribuzione delle specie sul nostro territorio.
Le schede sono attualmente conservate presso la Sezione di Zoologia degli Invertebrati del nostro Museo in nuovi schedari, appositamente costruiti per ospitarle.
G.M.
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