Il delicato mondo dell’acquarello

Ho trovato in un vecchio libro, forse di cent’anni, un acquarello senza firma.
Konstantinos Kavafis

Dal disegno colorato dei manoscritti miniati medievali al disegno acquarellato con inchiostro monocromo del Rinascimento, dalle illustrazioni cinquecentesche di Pisanello e di Dürer fino all’affermazione della tecnica come un vero e proprio genere a partire dal XVIII secolo, la storia dell’acquarello da tempo affascina e appassiona.
Una storia che passa anche dalla sua parola: “acquarello” deriva da “acquarella” o “acquerella”, termini attestati in Italia sin dalla seconda metà del Trecento, che in origine stavano a significare l’acqua tinta di vino, passando poi a indicare i colori diluiti nell’acqua.

Da sempre l’acquarello è inteso come una tecnica lieve, fresca, in cui il colore ne è l’essenza.
Un equilibrio tra pigmento, acqua e sensibilità che si mescolano in modo talvolta imprevedibile per far nascere fiori, conchiglie, foglie, animali, paesaggi, volti e molto altro.
Un lavoro meticoloso di stesura di strati successivi di colore, di tocchi di pennello che in parte si sovrappongono, riuscendo a “serbare luminosità e a trasmettere una vibrazione colorata”, come dice Marie-Pierre Salé, conservatrice al Museo del Louvre.
L’acquarello, delicato e leggero, è un mondo tutto da esplorare, forse anche un po’ filosofico, un mondo dove si impara a controllare e allo stesso tempo a lasciare andare.

Ed è forse questo che abbiamo sperimentato durante il terzo incontro di “Disegnare al Museo”, quando ci siamo approcciati a questa tecnica e alla rappresentazione dei dettagli del mondo naturale: la sensazione di entrare in un mondo delicato, fatto di semplicità e di stupore.
Con la consapevolezza che talvolta basta davvero poco, un po’ di colore e dell’acqua, per fissare un’impressione su un foglio.

L’augurio è quello che i partecipanti, dopo aver ascoltato la breve introduzione sulla tecnica e sui materiali, aver realizzato il disegno preparatorio a matita e dopo aver steso il colore attraverso sovrapposizioni di velature che lentamente sono andate a costruire il risultato, una volta tornati a casa, abbiano conservato nel cuore lo stupore e la delicatezza dell’acquarello.
E che quell’acquarello realizzato possa rimanere il ricordo di un bell’incontro, appeso alle pareti di casa o custodito tra le pagine di un vecchio libro.

S.B.

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