Storie di nidi, di uova e di scienziati
“Fu, nell’inverno del 1819, che io cominciai a raccogliere ed esaminare gli uccelli della nostra pianura.”
Le collezioni sono il cuore di un Museo. Una fonte inesauribile di storie conservate nel tempo, grazie alla lungimiranza, alla cura e alla dedizione di chi ne mette insieme i primi reperti e di tutti coloro che nel tempo ne accolgono il testimone, permettendo a queste storie di arrivare a noi.
Oggi vi raccontiamo la storia della collezione di nidi e uova del Museo.
La raccolta di nidi e uova è costituita da 248 nidi e 555 uova, oltre a una decina di diorami. La maggior parte di questi reperti appartiene alla collezione storica che formò Paolo Savi, storico direttore del “Museo pisano” dal 1823 al 1871.
Sull’onda dell’interesse per l’ornitologia che nasceva in Italia agli inizi del XIX secolo, e che portò molti zoologi a costruire delle raccolte di uccelli naturalizzati che fossero di aiuto ai loro studi, a partire dal secondo decennio del 1800, Paolo Savi formò una importante collezione con reperti di provenienza toscana.
È proprio lui a raccontarci la nascita della collezione pisana nell’incipit del “Catalogo degli Uccelli della provincia Pisana”, pubblicato nel 1823: “Fu, nell’inverno del 1819, che io cominciai a raccogliere ed esaminare gli uccelli della nostra pianura.”
E così ne parla nella sua “Ornitologia Toscana” (1827-1831), una delle prime opere dell’ornitologia scientifica: “Così dunque son potuto giungere a riunire una gran quantità di materiali per la storia degli uccelli toscani, ed a poter formare nel Museo di questa Università, a me affidato, una collezione tale, che si può dire quasi completa, non solamente per il numero delle specie, ma anche per gli individui di ciascuna di esse, nel vario abito che vestono nelle diverse stagioni ed età, e per i nidi che fabbricano presso di noi.”
Oltre a essere stato un grandissimo scienziato, Savi fu anche un abilissimo preparatore e tassidermista e contribuì in prima persona alla preparazione di molti dei reperti.
Fu inoltre tra i primi in assoluto a realizzare preparazioni chiamate “gruppi biologici”, cioè scene di vita quotidiane in cui gli animali interagiscono tra loro, con l’intento di raccontare e far comprendere meglio il mondo animale.
E così, grazie alla passione di questo grande scienziato e dei suoi sapienti collaboratori, insieme alla collezione di nidi e uova, prese vita anche la collezione ornitologica del Museo, che, arricchitasi nel tempo, conta oggi quasi 7000 reperti naturalizzati e pelli provenienti da tutto il mondo, oltre alla collezioni osteologiche e di anatomia comparata.
Questo materiale ci parla ancora e ci racconta storie di un passato non poi così lontano.
Di specie che un tempo vivevano in zone ormai trasformate, come zone umide bonificate e ambienti naturali antropizzati.
Di animali estinti, come la colomba migratrice, l’alca impenne e lo storno di Réunion.
Di scambi e corrispondenze con scienziati ed esploratori, e di acquisizioni importanti come quella del materiale zoologico raccolto dal naturalista Giuseppe Raddi al seguito di Ippolito Rosellini nella spedizione Franco-Toscana in Egitto del 1828-1829.
Della passione di un ornitologo e delle sue osservazioni naturalistiche, come nella minuziosa descrizione del nido del beccamoschino che ci regala lo stesso Savi:
“Io ho avute parecchie occasioni d’osservare la Sylvia Cisticola, e d’esaminare il di lei nido; e confesso che quando per la prima volta lo veddi rimasi veramente sorpreso, tanto è l’artifizio, la diligenza, e nel tempo stesso la semplicità con la quale è costruito: e poiché fin ora niuno lo ha fatto ben conoscere, così credo far cosa grata ai naturalisti, dandone la descrizione, e la figura, unitoci anche quel che ho potuto raccogliere su i costumi di lei.”
“Nei primi giorni d’Aprile ricompariscono i Beccamoschini fra di noi. Come ho detto qui sopra, pochi in quel tempo abitano i paduli; la massima parte stanno fra i grani, o le alte erbe delle praterie, e di già sono accoppiati. Il maschio ordinariamente vola fischiettando, mentre la femmina, che di rado fa sentire la sua voce, è posata a terra, o fralle erbe, mangiando, o a scegliere il posto ed i materiali per formare il nido. Per quanto è a mia notizia essi fanno tre covate nel corso d’un anno, la prima dopo la metà d’Aprile e l’ultima verso le metà di Agosto: e ciascuna è formata di quattro, o sei uova, che sono di color bianco un poco cangiante, alcune volte in carnicino, altre in celestognolo, ed hanno nel maggior diametro una lunghezza di sette linee, e nel minore di cinque. I nidi costruiti nel Luglio sono più belli, e più perfetti di quelli delle covate antecedenti, perchè, come vedremo in seguito, allora i Beccamoschini hanno dei materiali molto migliori, per il loro lavoro.”
P.S. e S.F.
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