“Wild cat” e “house cat”: quali differenze?

“I gatti possono vivere come animali da compagnia, attirandosi l’affetto degli esseri umani; oppure, come animali semi.-selvatici, tollerati, trovando ricovero in cantine e in altri fabbricati; infine, possono cavarsela egregiamente da autentici carnivori, vivendo solo di caccia”. Questa frase, tratta dal testo “Storia naturale della domesticazione” di J. Clutton-Brock, è quella dalla quale Laura Landini partirà per il suo intervento il 10 dicembre, alle 16:30, nella Sala Consiliare del comune di Calci. Titolo della conferenza sarà: “Wild cat” e “house cat”: quali differenze?. I termini non sono scelti a caso: a proposito del gatto, infatti, più che parlare di gatto domestico contrapposto a gatto selvatico i ricercatori  preferiscono adottare l’espressione “gatto di casa”. Questo perché il gatto non è effettivamente, secondo i criteri standard adottati dai biologi, un animale domestico.

Innanzi tutto, infatti, tutti gli animali domestici, a partire dal cane per arrivare ai bovini, ai cavalli e agli ovicaprini, sono animali gregari, ovvero che riconoscono concordemente un capo che viene assunto come punto di riferimento unico da parte dell’intero branco. Una simile dinamica sociale non fa parte della natura del gatto (chiunque ne possieda uno è in grado di confermarlo).

In secondo luogo, il processo di domesticazione, che è prima di tutto un processo di selezione pianificata dall’uomo mediante incroci, induce nelle razze che vi sono sottoposte una serie di caratteristiche modificazioni morfologiche. Tra le principali, ad esempio, la ritenzione dei caratteri giovanili (ovvero, di un aspetto più simile a quello infantile del progenitore selvatico, soprattutto per quanto riguarda il muso); un diverso sviluppo delle varie parti del corpo (come accade, ad esempio, negli animali da allevamento; le vacche da latte presentano mammelle di grandi dimensioni a fronte di un ridotto sviluppo muscolare, laddove i bovini da carne hanno una massa muscolare più sviluppata); una sensibile variazione della taglia corporea (spesso nella senso della riduzione, come è avvenuto nel passaggio del lupo al cane, ma talvolta anche nella direzione opposta, come è il caso del passaggio del cinghiale al suino domestico); e, infine, ma per niente trascurabile, una riduzione delle dimensioni del cranio (negli animali domestici è riscontrabile un accorciamento della regione facciale, con conseguente riduzione delle dimensioni dei denti ed una riduzione della massa encefalica). Invece,se osserviamo il progenitore selvatico del gatto, il cosiddetto “wild cat” (Felis silvestris lyibica) è evidente come le differenze morfologiche tra esso e il gatto di casa non siano così marcate. L’uomo ha influito sulla selezione delle razze feline solo in tempi relativamente recenti, e, soprattutto, basandosi in maniera esclusiva su criteri di tipo estetico. Il gatto rappresenta per l’uomo un convivente e un compagno: a differenza delle specie domesticate il gatto non dipende esclusivamente dall’uomo ed infatti se reimmesso in natura è in grado, per istinto, di cacciare e di riprodursi allo stato libero.