Il paesaggio vegetale del Monte Pisano tra un incendio e un altro

A un anno dal terribile incendio che ha colpito il Monte Pisano, pubblichiamo il contributo del Dott. Andrea Bertacchi, esperto di vegetazione del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa, relativo all’impatto degli incendi sul paesaggio vegetale del Monte Pisano e sulle modalità di ricrescita della vegetazione post-incendio.

 

IL PAESAGGIO VEGETALE DEL MONTE PISANO TRA UN INCENDIO E UN ALTRO

Il paesaggio vegetale del Monte Pisano è l’insieme delle fitocenosi boschive, arbustive, erbacee in parte semispontanee e in parte, la maggior parte, utilizzate e alterate per lungo tempo dall’attività antropica. In ogni caso ciò che noi vediamo è il risultato dell’abbandono di boschi di impianto, soprattutto pinete di Pinus pinaster, o castagneti di Castanea sativa, quindi un tempo governati a fustaia o a ceduo.

Senza più l’intervento dell’uomo la trasformazione, lenta e graduale, porterebbe a una rinaturazione o rispontaneizzazione delle comunità vegetali in fitocenosi naturali. Questa trasformazione è invece più spesso, se non quasi sempre, interrotta dal fuoco.

Il paesaggio vegetale di quella parte di Monte Pisano ricadente nei comuni di Calci e Vicopisano, preesistente agli incendi del 2018 e del 2019 è, in larghissima parte di derivazione post-incendio (Fig. 1). La cartografia diacronica degli incendi dal 1970 ad oggi evidenzia come solo un settore (pari circa al 10% della somma delle aree incendiate lungo gli ultimi 50 anni e costituita da pineta di pino marittimo) sembra essere stato escluso dal passaggio del fuoco negli ultimi 50 anni (Fig. 1).

Fig. 1 – Carta della vegetazione preesistente agli incendi settembre 2108 – gennaio 2019 (aree forestali)

Le due tipologie maggiormente rappresentate erano costituite da pineta di pino marittimo e macchie post-incendio. Anche nel caso delle pinete (tra le tipologie forestali maggiormente suscettibili al fuoco data la sostanziale composizione a resinose ed ericacee) nella maggior parte dei casi si trattava di impianti percorsi più volte e rigeneratisi dal fuoco, con una vasta gamma di stadi di maturazione diversi. In questo contesto, le macchie post-incendio, dove non si erano susseguiti troppi incendi o, comunque quelle più mature, mostravano un corteggio floristico di gran lunga più ricco e una stratificazione più complessa delle paucispecifiche pinete, sino ad essere (ad es. valle di Crespignano) in alcuni casi evolute a macchie alte a leccio-sughera (Cfr. La vegetazione del Monte Pisano, Bertacchi, Sani, Tomei 2004, Felici Ed, Pisa). Le altre tipologie, castagneti, castagneti coniferati e/o latifoglie miste sembrano essere state nel corso del tempo meno interessate o attraversate con minore severità dal fuoco.

La severità degli ultimi due incendi (settembre 2018 e gennaio 2019) ha avuto un impatto devastante su almeno l’80% delle superfici investite dai boschi e dalle macchie. Ciononostante le comunità vegetali hanno reagito, come sempre hanno fatto in questo contesto territoriale caratterizzato da incendi periodicamente ricorrenti e periodicamente, sempre, provocati per incuria o per dolo dall’uomo.

Fig. 2 – Crinale sopra Nicosia: ricacci aerei di Q. suber e ricacci al suolo di Cytisus spp.

Ogni comunità vegetale reagisce in modo differente in base alle specie che la caratterizzavano prima del fuoco e in base alla capacità di ciascuna specie di resistere, o meglio di adattarsi all’azione distruttrice del fuoco. Le strategie adattative di resilienza possono essere legate alla struttura del fusto e alla presenza di una corteccia ampiamente rivestita da sughero che grazie alla sua piroresitenza consente ricacci vegetativi dalle branche aeree (ad es. Quercus suber). In altri casi dalla persistenza di gemme al suolo, che sopravvivono e consentono il ricaccio di polloni dal colletto (ad es. Arbutus unedo, Phyllirea angustifolia, Erica arborea e, in parte Cytisus spp.) (Fig.2). Specie erbacee come molte poacee emicriptofite cespitose (ad es. Festuca ovina) ricacciano dalle gemme semi-sotterranee.

Moltissime specie arbustive ed erbacee muoiono al passaggio del fuoco, lasciando il compito di ricostituire la stirpe ai semi (ad es. Ulex europaeus, Cistus spp, Teucrium spp.). Tuttavia in questo ambito, una specie arborea che, non a caso, è da secoli la più rappresentativa nel paesaggio vegetale del Monte Pisano, il Pinus pinaster, ha sviluppato una strategia adattativa al fuoco attraverso i semi.

Il fuoco sembra quindi elemento di devastazione selettiva: da un lato impedisce lo sviluppo della vegetazione verso il suo stadio climacico, in equilibrio dinamico con l’ambiente, dall’altro favorisce il rinnovo del pino e la reiterata riproduzione nel tempo del paesaggio della pineta di pinastro, non utile e non utilizzata più da alcuno ma, certamente, altamente suscettibile di ulteriori incendi.

Solo un controllo permanente sulle attività e i percorsi umani nel monte, unita alla sfida di iniziare un percorso di rinaturazione del paesaggio vegetale del Monte Pisano, potrà consentire un processo di ricostituzione di habitat naturali strettamente connessa alla diminuzione della incendiabilità delle cenosi forestali (Fig. 3).

 

Fig. 3 – Boschi seminaturali di Quercus ilex sul versante S del M. Verruchino

Dott. Andrea Bertacchi

Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali
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Università di Pisa

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