Con una matita in mano. L’illustrazione naturalistica al Museo.

Non è tanto il linguaggio del pittore che si deve sentire, quanto quello della natura.
Vincent Van Gogh

Dalle prime pitture preistoriche a quelle parietali degli antichi Egizi, dalle miniature medievali ai celebri disegni di Leonardo e di Dürer – veri e propri studi naturalistici alla ricerca della bellezza nascosta nel vero – da sempre l’uomo ha rappresentato la natura.
Non si è fermato neppure con l’avvento della fotografia: nello stesso periodo in cui Blossfeldt immortalava i suoi soggetti cogliendone l’intrinseca armonia delle forme, Mondrian – più conosciuto per i suoi quadri geometrici fatti di strisce nere incrociate e campiture di colori primari – illustrava la natura con la matita, quasi alla maniera degli artisti rinascimentali.

La rappresentazione pittorica della natura rimane così anche oggi un modo che unisce l’arte e la scienza, la ricerca estetica e l’analisi scientifica, l’artista e lo scienziato in un rapporto continuo che crea equilibrio armonico, bellezza e valore naturalistico. Ci sono, infatti, tantissimi illustratori naturalistici che, sparsi in tutto il mondo, lavorano con le più svariate tecniche e probabilmente sempre con la stessa pazienza e meticolosità dei loro antichi predecessori.

Qui al Museo l’illustrazione viene messa in opera in svariati campi: un insetto diviene soggetto del pannello esplicativo che illustra il bugs hotel e anche parte importante di una pubblicazione scientifica, come pure schema dettagliato per la sua ricostruzione tridimensionale; dinosauri e alberi illustrano la ricostruzione ambientale di un paesaggio preistorico; un cetaceo diventa protagonista di magliette in vendita al bookshop, una pianta sussidio sulle schede didattiche; e così via.

Manualità e saperi si uniscono insieme per trasmettere quel messaggio antico di rispetto dell’ambiente, di cura della natura, di amore per questa terra che se rapportata a noi stessi non basta una vita per scoprirla tutta. Ma una camminata, qualche cespuglio di mirto, un respiro che guarda il cielo e una mente volta all’infinito possono bastare per capire che è nostra, per capire che è di tutti.

S.B.

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