Di “luoghi nascosti” e “leoni di roccia”
Le mani compiono dei riti ogni volta che sono connesse al cuore.
Una mattina soleggiata, un “luogo nascosto” poco distante dal Museo, uno scavo che continua a dare i suoi tesori.
Siamo stati in visita alla Grotta del Leone ad Agnano, dove dal 6 settembre scorso è iniziata la sesta campagna di scavi del sito archeologico.
Iniziati nel 1947 e continuati nel corso degli anni, gli scavi – a partire dal 2015 – hanno portato alla luce segni significativi della frequentazione dell’uomo preistorico sul Monte Pisano, che ci raccontano come durante il Paleolitico superiore la grotta sia stata un riparo per gruppi di cacciatori e raccoglitori, le cui tracce sono rappresentate da strumenti in selce e resti delle faune predate. E come, durante il Neolitico recente, la grotta sia stata frequentata da gruppi di agricoltori che vi hanno svolto cerimonie rituali: un focolare e alcune piccole cavità di forma circolare con all’interno offerte di orzo e grano carbonizzati ne sono infatti testimonianza eccezionale!
L’ingresso, stretto ma sufficiente a far entrare un po’ di luce esterna, conduce in un antro, dalla cui volta spesso cadono gocce d’acqua.
“Non oggi e non negli ultimi tempi, data l’assenza di pioggia”, ci dicono Lucia Angeli e Jacopo Conforti, che curano lo scavo insieme a studenti e dottorandi.
Dopo che la luce del sole si cancella dagli occhi, iniziamo a vedere distintamente tutte le parti, tutti i dettagli, a partire dalla roccia a forma di leone che dà il nome alla grotta.
Mentre siamo in visita, viene portato alla luce un frammento litico che ci porta subito molto indietro nel tempo.
Perché sì, entrare in una grotta è entrare in un altro tempo, in un altro mondo.
E’ immaginare la vita che vi si è svolta, è pensare ai primi uomini che vi hanno trovato rifugio, è capire che questi luoghi sono stati custodi del tempo e che conservano sorprese, segreti e leggende millenarie.
E’ comprendere che l’uomo, da sempre, agisce usando le mani, l’anima e il cuore.
Per sopravvivere, per spargere bellezza, per lasciare traccia, per prendersi cura delle prime necessità di chi ha intorno, per sacralizzare un momento.
E che talvolta per farlo sceglie luoghi nascosti e poco accessibili, preclusi ai più.
S.B.
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