Diario di un gemellaggio
Immaginate di salire trentotto gradini formati da singole lastre di pietra chiara, che si avvitano su se stessi e formano una meravigliosa scala elicoidale, una conchiglia che è un capolavoro di ingegneria del ‘400.
Questa è la salita ‘sapienziale’ che i monaci certosini di Padula facevano per accedere, se autorizzati dal Priore della Certosa, alla biblioteca. Alla sommità di questa salita potete alzare gli occhi e leggere, sopra il portale in marmi policromi di ingresso, la scritta Da sapienti occasionem et addetur ei sapientía (“Offri al saggio l’occasione e la sua sapienza aumenterà”), tratta dal Libro dei Proverbi. Entrate quindi nella grande biblioteca e provate una leggera vertigine, non sapete se guardare prima in alto, in basso o sulle pareti. La volta a padiglione sembra affrescata, ma se guardate meglio, vi accorgete che è una grande tela dipinta con scene allegoriche, che vi avvolge con i suoi colori tenui, sbiaditi dal tempo. Ci spiegano che è una tela affrescata nella seconda metà del ‘700 e che il suo restauro è stato il primo intervento effettuato sulla Certosa di Padula dopo il terribile terremoto dell’Irpinia nel 1980. Ma subito dopo non potete fare a meno di abbassare gli occhi: il pavimento è in cotto maiolicato e state camminando su un’opera d’arte. Il caldo colore del cotto, l’azzurro e il giallo degli smalti rappresentano fiori, ornamenti, geometrie, frutto del genio di due artigiani del ‘600 ai quali dobbiamo anche le maioliche del Chiostro di Santa Chiara a Napoli. Vi dicono i loro nomi, i fratelli Donato e Giuseppe Massa, e in cuor vostro ringraziate tutti gli artigiani di cui non ricorderete mai il nome ma che rendono meravigliosi i posti in cui camminiamo. Le grandi librerie in noce sono vuote, anche qui la storia è passata con il suo seguito di espropri, furti, dispersione e rovina. Leggete in alto i cartigli in cui ne è descritto almeno il contenuto ormai perso (Historíci profani, Poetae, Sanctí patres…), sorridete notando che i libri di matematica sono proprio accanto alla libreria dedicata agli asceti e prendete nota con un po’ di curiosità che una delle librerie conteneva Libri prohíbíti.
Questo è solo un piccolo frammento della mia visita alla Certosa di Padula, nel Vallo di Diano in provincia di Salerno, che mi ha lasciato una impressione indelebile. Ma siamo qui in missione ufficiale, io come Direttrice del Museo di Storia Naturale, Graziella Cheli come responsabile della nostra amministrazione e Barbara Billi come coordinatrice per l’edilizia e gli allestimenti del nostro museo. Facciamo parte della delegazione toscana, insieme al Direttore del Museo Monumentale della Certosa di Calci, del Direttore del Polo Museale Toscano, del Sindaco e dell’Assessora alla cultura di Calci.
La mattina dell’11 gennaio, si è svolta nel refettorio della Certosa di Padula la cerimonia ufficiale: abbiamo firmato un patto di gemellaggio tra le due Certose, la Certosa di Pisa in Calci e la Certosa di San Lorenzo in Padula. E’ stata la conclusione di un lungo percorso, costruito e voluto da una associazione di cittadini toscani che non dimenticano le loro radici, saldamente ancorate nel Vallo di Diano, in provincia di Salerno. E’ l’associazione Amici del Vallo di Diano in Toscana che ci ha fatto conoscere, ha trovato i punti di contatto tra le nostre realtà, ha – soprattutto – creato occasioni di dialogo tra le persone.
Per quanto riguarda il Museo di Storia Naturale, nel maggio del 2019 era stato firmato dal mio predecessore, Roberto Barbuti, il primo atto di questo gemellaggio. A me è toccata la parte migliore. Al di là della firma dell’ultimo atto formale e della partecipata cerimonia, infatti, la Certosa di Padula e le persone che la amano e la vivono sono diventate, per me, luoghi e persone concrete, che ho avuto il piacere di conoscere direttamente.
La Certosa di Padula, dichiarata patrimonio dell’umanità dell’UNESCO dal 1998, è la più grande in Italia, con una superficie di oltre 50mila metri quadri. Al suo interno, molti tesori artistici e qualche primato: il chiostro più grande d’Europa; il più antico monastero certosino della Campania, sorto nel 1306; oltre 90mila visitatori nel 2018. Degli interni, cito solamente i bellissimi locali delle cucine, e la scala monumentale ellittica, della scuola del Vanvitelli.
Dell’ospitalità delle persone e del clima che si è respirato nei tre giorni di visita posso solo dire che i nostri ospiti hanno preso alla lettera la parola ‘gemellaggio’: ci hanno fatto sentire a casa, riempiendo di calore umano e buon cibo tutti i momenti del nostro soggiorno. Abbiamo visitato a Padula la casa natale, ora museo, di Joe Petrosino. L’ultimo discendente della famiglia (al centro nell’ultima foto), figlio del fratello più piccolo di Joe, ci ha raccontato la sua storia di immigrato nella New York di fine ‘800, e la sua volontà di combattere la mafia dalle fila dello stato, come poliziotto, fino alla sua tragica fine. La sua storia è diventata un modello da far conoscere ai giovani e la sua casa è diventata un presidio di Libera e un vivace spazio di discussione e testimonianza che la mafia si può e si deve combattere.
Abbiamo visitato poi il convento di Sant’Antonio a Polla, e la basilica di San Cono a Teggiano, ammirando affreschi e sculture e – almeno per quanto mi riguarda – ammirando anche la sincera partecipazione popolare alla religiosità e ai simboli della propria comunità.
Fra le Certose italiane e europee sono sempre esistiti legami, spirituali certamente ma anche culturali, economici, di fraternità. Conoscerci è il primo passo per capirci, apprezzarci, sentire che facciamo parte di qualcosa di più grande. Il nostro viaggio a Padula è stato un po’ questo. E adesso, aspettiamo a Calci la delegazione campana, alla quale faremo apprezzare la “nostra” Certosa, nello stesso clima di amicizia e di progettualità.
E.B.
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