“Qualsiasi cosa viene rapita dalla vita”

Il giorno 22 settembre alle ore 13.31 abbiamo salutato la “bella stagione” per tuffarci nell’autunno.
Succede tutti gli anni, eppure ogni volta l’Equinozio sembra quasi coglierci impreparati, non ancora disposti a lasciar andare l’estate.
Nell’immaginario comune l’autunno porta con sé una vena di malinconia, saranno le giornate che si accorciano, gli impegni che tornano o l’anno che volge al termine, eppure l’etimologia della parola tradisce questa percezione: “autunno” deriva dal verbo latino augere = aumentare, arricchire e andando ancor di più alle origini, rintracciamo la radice sanscrita av- o au- che esprime l’idea del saziarsi, del godere.
Ecco che in un istante, la sensazione di tramonto, lascia forse spazio alla ricchezza dei frutti e al calore del focolare.

Sappiamo quindi cosa è successo il 22 settembre 2020 alle 13.31, nel nostro piccolo un cambio armadio, un pensiero a tisane e caldarroste mentre qui al Museo, al secondo piano, è accaduto un fatto bizzarro: un cerchio di luce ha attraversato una linea scolpita centinaia di anni fa sul duro pavimento in cotto.
Noi lo abbiamo seguito con lo sguardo e, incantati, ci siamo chiesti “ma cosa rappresenta?”.

Astronomicamente parlando abbiamo dei punti fermi da cui partire: la Terra gira su sé stessa ogni 24 ore, gira intorno al Sole in circa 365 giorni e l’asse terrestre non è perpendicolare al piano dell’eclittica, ma è inclinato di 23° e 27′.
Proprio questa inclinazione è la causa delle stagioni, poiché, a seconda della posizione della Terra rispetto al Sole, essa verrà colpita dai raggi più o meno direttamente, ricevendo quindi più o meno calore.
L’Equinozio è il momento in cui l’Equatore terrestre è esattamente perpendicolare al centro del Sole, il punto di transizione da una stagione all’altra; infatti nell’Equinozio d’autunno l’Emisfero Nord, che fino a quel momento era “prostrato” verso il Sole (e quindi esperiva la calda estate), adesso è nuovamente perpendicolare e via via si inclina in direzione opposta, verso le gelide spire invernali.

Lo scorrere delle stagioni e del tempo affascina gli uomini fin da tempi antichissimi e da sempre questi si sono ingegnati nella costruzione di strumenti che permettessero loro di tenerne traccia.
Il metodo più semplice per percepire lo scorrere delle ore in una giornata era sicuramente seguire il comportamento del Sole e questa osservazione ha portato alla nascita degli orologi solari, nei quali, la proiezione dell’ombra di uno stilo su un quadrante ad hoc, indicava il passare del tempo.
Gli orologi solari hanno rivestito un ruolo importantissimo per secoli, per poi decadere nel Medioevo con l’invenzione dei primi orologi meccanici.
Le Comunità monastiche però hanno rappresentato un’eccezione all’abbandono, continuando ad interessarsi alla gnomonica (la scienza che studia gli orologi solari) e costruendone di ogni tipo; all’interno dei monasteri, infatti, venivano impiegati per la suddivisione della giornata in ore canoniche, che scandivano il passare del tempo al suono delle preghiere.

Orologio solare della Certosa di Pisa a Calci su cui appare l’iscrizione: “De vitae cursu quaelibet hora rapitur”, ovvero “Qualsiasi cosa viene rapita dalla vita”.
Foto tratta dal blog https://cartusialover.wordpress.com/

La Certosa monumentale di Pisa, che ospita il nostro Museo, contiene la prova inconfutabile della passione dei padri certosini per lo studio del tempo: meridiane con gnomoni a foro, orologi solari ad ore italiche e astronomiche, orologi solari orizzontali e verticali, meridiane incise su pietra e, al secondo piano della casa alta, troviamo il foro gnomonico della meridiana a camera oscura.
La meridiana a camera oscura è essenzialmente un orologio solare posto all’interno di un edificio, il raggio di luce solare che entra da un piccolo foro colpisce una linea disegnata sul pavimento, quando l’astro si trova nel punto più alto del suo percorso nel cielo.

 

È stato proprio lui ad indicarci l’arrivo dell’Autunno, lo scorso 22 Settembre, un semplice cerchio di luce, una sentinella silenziosa che fa il suo dovere da centinaia di anni, un filo che parte dai padri certosini che camminavano in questi corridoi secoli fa, conduce fino a chi vive il Museo ai giorni nostri e continuerà a comunicare con gli avventori per chissà quanti altri secoli.

F.G.

 

 

 

 

Fonti:
https://cartusialover.wordpress.com/2014/03/28/le-meridiane-nella-certosa-di-calci/

https://cartusialover.wordpress.com/2016/02/16/la-misurazione-del-tempo-nella-certosa-di-san-martino/

http://www.eanweb.com/2012/le-meridiane-a-camera-oscura-straordinari-strumenti-astronomici/

https://www.youtube.com/watchv=MVDCsXUygEw&ab_channel=It%27sOkayToBeSmart