Quel fascino nascosto e naturale
La bellezza salverà il mondo.
Fëdor Michajlovič Dostoevskij
Sull’isola conventuale di Reichenau, l’abate Valafrido Strabone, con il poema “Hortulus”, scrive il primo manuale del giardino in Europa, in cui riporta numerose specie aromatiche, officinali e da cucina (finocchio, salvia, aglio, ecc.).
Carlo Magno fa redigere il “Capitulare de Villis”, con istruzioni sui giardini.
Giovanni Boccaccio, nel Decamerone, descrive un giardino recintato, con vie dritte, bordate da siepi di rose bianche e da gelsomini, ricco di profumi, con una fontana, un prato verde scuro fiorito, alberi di agrumi, fiori e frutti.
Potremmo raccontare molto altro, ma già questo può bastare per capire quanto la Natura sia intimamente legata alla vita.
Il giardino trova il suo punto di partenza negli spazi verdi dei conventi e dei monasteri, dove i religiosi si dedicano alla coltivazione di piante aromatiche e curative – sia per creare i medicinali che per soddisfare le esigenze della cucina della comunità e anche per il desiderio di aiutare il sostentamento dei poveri.
Così nelle Certose troviamo gli orti, i frutteti, i vigneti, gli oliveti, i chiostri, i prati, i boschi.
E i giardini delle celle, con al centro un pozzo per l’acqua, simbolo della vita.
La Certosa di Calci è circondata da vasti spazi verdi. Vasti e insospettabili per chi vede la Certosa da “davanti”.
Secondo la configurazione tipica degli antichi complessi monastici e conventuali, questi spazi erano circondati da alte mura che li proteggevano da sguardi indiscreti.
Probabilmente è anche per questo che il “meno visibile” della Certosa custodisce tutt’oggi il suo fascino quasi segreto e continua a modo suo a restare defilato.
Ma la sorpresa di scoprirlo si rivela subito agli occhi di chi sa spingersi oltre: passeggiando sui sentieri che sovrastano la Certosa, per esempio, è possibile ammirare il monastero in tutta la sua completezza e bellezza.
Dall’alto, come uccelli in volo.
S.B.
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